“Natale con i tuoi, Pasqua con chi vuoi, Redentore coi fioi” (detto veneziano)
“Natale con i tuoi, Pasqua con chi vuoi, Redentore con gli amici”

È il settembre del 1576 e a Venezia infuria un’epidemia di peste che sta falcidiando la popolazione. Il Senato della Serenissima, come farà anche meno di 100 anni dopo con la Madonna, promette a Dio che costruirà una basilica in onore del Redentore in cambio della liberazione dal morbo.

Qualche mese dopo la peste se ne va, come richiesto, e immaginiamo i grandi capi della Repubblica di Venezia domandarsi chi sia rimasto in vita tra i grandi artisti dell’epoca, per realizzare qualcosa di grandioso nell’isola della Giudecca.
Gli va bene, ci sono ancora in giro personaggi del calibro di Andrea Palladio (che sarà l’architetto della basilica), Domenico Tintoretto (figlio del più famoso Jacopo), Paolo Veronese, Palma il Giovane e tanti altri (che realizzeranno le opere esposte all’interno).

La Basilica del Redentore alla Giudecca risale alla fine del XVI Secolo

Nel maggio 1577 viene quindi posata la prima pietra della chiesa, la cui costruzione termina nel 1592, ma non vale la pena aspettare la fine dei lavori per fare festa! E così già dal luglio del 1577 viene istituita la Festa del Redentore di Venezia.

Le origini della festa

Come nasce la Festa del Redentore di Venezia è presto detto. Tra il 1575 e il 1577 in tutta Italia si diffonde una devastante epidemia di peste (a Milano la chiamano Peste di San Carlo) e Venezia, città che vive di commercio, non scampa al morbo.

I veneziani fanno voto a Dio perché liberi la città dalla pestilenza in cambio di una chiesa dedicata al Redentore. La “trattativa” va a buon fine: nel maggio 1577 c’è la posa della prima pietra e il 20 luglio dello stesso anno Venezia festeggia la fine dell’epidemia.

Un dipinto del 1650 di Joseph Heintz il Giovane ritrae il ponte di barche durante “La Processione del Redentore”

Viene realizzato un ponte di barche che collega la fondamenta delle Zattere a quella della Giudecca e una processione solenne sancisce l’inizio di una tradizione secolare che dura ancora oggi.

Quasi tutto quello che vediamo ai giorni nostri durante la Festa del Redentore ha origini secolari: dai fuochi d’artificio ai baloni illuminati appesi sulle rive e nelle barche, dalle cerimonie solenni alla regata di voga alla veneta.

Il Redentore di Venezia oggi

Ancora oggi, quasi 450 anni dopo quella prima processione verso una chiesa non ancora costruita, i veneziani festeggiano la terza domenica di luglio el Redentor.

Il fulcro della festa è però ormai diventata il sabato sera quando, veneziani e non solo, occupano le rive con tavole gremite, il bacino di San Marco con barche di tutti i tipi e le spiagge pronti per le feste notturne.

Una vignetta di “A Venessia” mostra i preparativi dei veneziani nelle rive per la festa del Redentore

Per le rive della città, soprattutto alla Giudecca e alle Zattere, si snoda un ininterrotto serpentone di tavolate festanti ricolme di piatti tipici e vino a volontà.
Già nelle settimane che precedono il Redentore, i veneziani “prenotano” con scotch, nastri e quant’altro il suolo in cui vogliono mettere le tavole per la cena del sabato sera. Una vera e propria gara a chi arriva primo.

Non solo le rive però si gremiscono, infatti molti optano per festeggiare in barca in bacino San Marco. Già dal primo pomeriggio topi, chiatte, gommoni e semplici barchini cominciano ad affollare i canali per guadagnare la posizione migliore per vedere i fuochi d’artificio serali.

Quando lo spettacolo pirotecnico si esaurisce, la notte, per i più giovani, è appena iniziata. È così che da rive e canali la festa si sposta in spiaggia e si protrae fino all’alba.

Cosa si mangia al Redentore?

Per una festa secolare come il Redentore di Venezia non poteva mancare una tradizione culinaria abbinata.
I piatti tipici della città la fanno ovviamente da padroni con i bigoi in salsa, la pasta e fasioi e le sarde in saor su tutti.

Un capitolo particolare lo riserviamo ai bovoeti, delle lumachine di terra che non possono mancare sulle tavole dei veneziani al Redentore.
I bovoeti vengono bolliti, conditi con abbondante aglio, olio e prezzemolo e, una volta serviti, vengono mangiati facendoli uscire dal guscio con uno stuzzicadente e “risucchiati” con le labbra. Il rumore che ne scaturisce è simile a quello di un bacio un po’ umido, per questo motivo talvolta i veneziani definiscono il bacio di due innamorati come “magnar bovoeti“.