Queo che no sofega, ingrassa (detto veneziano)
Quello che non soffoca, ingrassa (rivolto alle persone schizzinose per invitarli ironicamente a mangiare tutto senza fare tante storie)

A pochi passi dalla Stazione di Venezia si affaccia sul Canal Grande la fondamenta denominata Riva de Biasio, ma chi è questo Biasio (Biagio) a cui si fa riferimento?

La storia, o forse leggenda, risale ai tempi della Serenissima nei primi anni del ‘500 e narra di una locanda che sorgeva in Campo San Zan Degolà (San Giovanni decapitato) nel Sestiere di Santa Croce nota per il suo sguazeto.

Il Campo di San Zan Degolà dove sorgeva la taverna di Biagio

Trattoria da Biagio

La trattoria di Biagio Cargnio era una delle più rinomate della città, conosciuta da veneziani e “foresti” che venivano in massa da Mestre per assaggiare il delizioso sguazeto, un intingolo di carne venduto ad ottimo prezzo.
Anche le luganeghe (salsicce) di Cargnio, chiamato così per le sue origini carniche, erano assai rinomate.

Lo sguazeto, un intingolo di carne che Biagio preparava con una ricetta…speciale

Nonostante la carenza di cibo e soprattutto di carne in un periodo in cui Venezia era impegnata in una guerra coi Turchi e colpita dalla peste nessuno si domandava da dove venisse tutto quel ben di Dio.

La scoperta

Un giorno però uno squerarolo (carpentiere di uno “squero”, un cantiere di barche) nel bere fino all’ultimo goccio di intingolo si imbatté in qualcosa di strano.
Ripose nel piatto il ritrovamento e si accorse che si trattava di un pezzo di dito di bambino. Una falange con tanto di unghia attaccata.

Il malcapitato cliente di Biagio pagò il conto ed uscì portando con se il macabro reperto.
Lo consegnò alla Quarantia Criminale che non esitò un attimo ad arrestare l’oste.

Nel suo retrobottega i gendarmi trovarono sparse ovunque piccole membra di bambini con i quali Biasio preparava le proprie saporite pietanze.
Scavando nel suolo della taverna vennero trovati altri cadaveri sezionati che riportavano i segni della macellazione.

La punizione della Serenissima

Portato alle prigioni di Palazzo Ducale, stando alle Cronache dei Condannati a Morte della Repubblica di Venezia, Biagio confessò sotto tortura e venne condannato alla pena capitale.

Prima però venne portato alla sua taverna dove gli vennero tagliate le mani, macchiate di gravi delitti.
Venne poi trascinato legato ad un cavallo fino a Palazzo Ducale dove fu decapitato tra le colonne rosse.
Successivamente venne squartato, come aveva fatto con le sue vittime, e i resti del suo corpo messi in quattro punti diversi della città a monito della severità della Serenissima.

Le colonne rosse del Palazzo Ducale dove avvenivano le esecuzioni

La sua taverna e la casa vennero rase al suolo, e l’immagine della sua testa venne riprodotta sul muro nei pressi della fondamenta di Riva de Biasio.

La testa di Biasio Luganegher scolpita sul muro

Il ricordo del truce Biagio

Da quel 18 novembre 1503, data dell’esecuzione, per i veneziani, quella rimase la riva “de Biasio”, malgrado il terrore che per secoli ha evocato questo nome.

La fermata di Riva de Biasio a Santa Croce

La vicenda dell’oste serial killer è entrata prepotentemente nell’immaginario veneziano, al punto che su questo luogo esiste anche una filastrocca risalente all’800, le cui parole, dette da una madre, suonano così:
“Su la riva de Biasio l’altra sera (l’altra sera in Riva de Biasio)
So andada col putelo a ciapar aria, (sono andata con mio figlio a prendere un po’ d’aria)
ma se m’a stretto el cuor a una maniera (mi si è stretto incredibilmente il cuore)
che la mia testa ancora se zavària: (che la mia testa vaneggiava)
me pareva che Biasio col cortelo (mi pareva che Biagio col coltello)
tagiasse a fete el caro mio putelo!” (tagliasse a fette il mio caro bambino)

Se volete mangiare carne buona invece vi consigliamo alcuni posti per andare sul sicuro.