Çena eonga, vita curta. Çena curta, vita eonga (proverbio veneto)
Cena lunga, vita corta. Cena corta, vita lunga (chiaro riferimento a pranzi, cene e cenoni del periodo natalizio)
Pandoro o Panettone? A Natale è sempre questo il dilemma.
Il “Pane d’Oro” della tradizione veronese e il “Pan de Toni” di quella milanese ogni anno dividono gli italiani.
Molti altri dolci della tradizione culinaria del nostro territorio nei secoli e tutt’ora, però, hanno imbandito le nostre tavole.
All’inizio era il Nadalin
Il Pandoro è senza dubbio il dolce veneto più conosciuto e apprezzato del periodo di Natale.
L’intuizione geniale di Domenico Melegatti, nella seconda metà dell’800, ha però origini ben più antiche nella tradizione dolciaria scaligera.
Dal 1200 infatti a Verona il Natale si festeggia con un dolce chiamato Nadalin.
Il Nadalin, molto simile nella ricetta al Pandoro, è meno burroso e fragrante ma più compatto e dolce. Anche la forma è differente: se infatti il pandoro ha una forma a stella ed è molto alto, il Nadalin invece è molto più basso e non ha una forma ben precisa, anche se spesso però è a stella o a cupola (come un panettone molto basso).
Melegatti e il Pandoro
È il 1868 e da un’elaborazione del Nadalin Domenico Melegatti, pasticcere veronese, ricava un dolce più alto, soffice e leggero: il Pandoro.
In molti in quegli anni si contendono la paternità del dolce e così Melegatti decide nel 1894 di brevettare la ricetta con il nome di Pandoro (il nome probabilmente risale da un dolce tipico dei tempi della Repubblica Veneziana, il “pan de oro”).
Melegatti definisce il suo come “un nuovo dolce che per la sua squisitezza, leggerezza, inalterabilità e bel formato, è degno del primo posto”.
Il dolce ha grande successo e un paio d’anni più tardi, il 24 maggio 1896, un settimanale satirico veronese pubblica una caricatura di Melegatti accompagnata da una didascalia in versi:
“E l’à inventà el pandoro (Ha inventato il pandoro)
e i pastissieri da la rabia muti (e i pasticceri muti dalla rabbia)
i l’à voludo simiotarlo tuti” (hanno voluto imitarlo tutti)
Per fronteggiare i numerosi pasticceri che sostenevano di aver creato il Pandoro Melegatti lancia una sfida: a chi avesse presentato la “vera ricetta” avrebbe dato in premio ben mille lire (una bella somma per l’epoca). Nessuno però si fa avanti e Domenico ottiene la paternità del dolce.
“Marci panis”
Anche se al giorno d’oggi tutti lo pensiamo come un dolce meridionale in realtà il marzapane ha una storia indissolubilmente legata alla città di Venezia.
Il suo nome deriva da “Marci panis“, ovvero “il pane di San Marco”, dato che i veneziani ne erano monopolisti sui mercati dell’Europa settentrionale e lo facevano arrivare in commercio in pezzi (pani), contrassegnati con il Leone di San Marco.
Il mandorlato di Cologna
Semplicissimo negli ingredienti ma apprezzato in tutta Italia c’è il mandorlato, dolce che nasce nel cuore del Veneto, a Cologna Veneta in provincia di Verona.
Fatto con miele, zucchero, albume d’uovo e mandorle è uno dei dolci tipici del Natale fin dai tempi in cui Cologne faceva parte del “Dogado” della Serenissima.
Se ne hanno riferimenti a partire dal 1500 a Venezia e a Vicenza.
Alvise Zorzi, scrittore e studioso veneziano del ‘900 nel suo libro “La vita quotidiana a Venezia nel secolo di Tiziano” scrive: “Nel Cinquecento c’erano altri doni consuetudinari: la focaccia del giorno di Pasqua, il Mandorlato e la mostarda di Natale, i marroni e la cotognata del giorno di S. Martino”.
Gli amaretti e la “Pagnotta del Doge”
Durante il Rinascimento Venezia era una delle più grandi potenze nella penisola italiana e in tutta Europa e, avendo una delle più grandi potenze commerciali, veniva in contatto con la maggior parte dei prodotti culinari dell’epoca che tutt’oggi ritornano nelle fonti storiche.
Ecco perché alcuni studiosi fanno risalire perfino il biscotto “Amaretto” alla tradizione veneziana.
Sicuramente di origine veneta è la “Pagnotta del Doge”, un dolce natalizio che nasce nella provincia di Rovigo, esattamente a Villadose, che era meta di vacanza per i nobili veneziani.
La “pagnotta del doge” è un prodotto dolciario che veniva inserito nel menù dei banchetti del doge Valier e a lui è legato il nome del dolce.
In origine era una pagnotta addolcita con miele, fichi, burro, uova, noci tutti prodotti della poca terra coltivabile, visto che, a quel tempo “Villa del doge”, sorgeva in una zona paludosa.
La “pinza” per l’Epifania
Dopo gli sfarzi natalizi si è soliti alleggerire un po’ le pietanze nel mese di gennaio.
A Venezia è tradizione cucinare nel giorno dell’Epifania un dolce tipico fatto con il pane raffermo (magari avanzato durante le festività): la pinza (o pinsa).
Detta anche “torta nicolotta” è fatta appunto con pane raffermo o farina di mais e ricca di frutta secca, da abbinare con un bicchiere di vino dolce.
Scopri la ricetta della pinza qui
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