“Bona incudene no teme martelo” (Proverbio veneziano)
Una buona incudine non teme il martello

Per oltre mille anni la Repubblica di Venezia ha rappresentato un punto di riferimento in Europa e nel Mondo.
La Serenissima ha basato per secoli il suo predominio sul commercio e sulla potenza della sua flotta.
Al centro di questo strapotere navale c’era l’Arsenale: un cantiere di 48 ettari che sorgeva nel centro della città e che a pieno regime sfornava una galea (nave da guerra e da commercio) in meno di 24 ore.

Campo dell’Arsenale a Castello

La “Darsena”

Il termine Arsenale deriva dalla parola araba daras-sina’ah, che significa “casa d’industria” o “casa del mestiere”, imparata dai veneziani durante i loro frequenti viaggi commerciali in oriente.
Basta poco e i veneziani la trasformano in darzanà, che nel tempo diventa prima arzanà, poi arzanal e infine arsenal.

L’Arsenale vista dall’alto nel 1724

Il termine darsena non si è però perso nel gergo cittadino: tutt’oggi viene usato per indicare gli specchi d’acqua interni dell’Arsenale e presenti anche nel resto della città.
Da questa storpiatura veneziana è nata questa parola che viene comunemente usata anche nella lingua italiana.

La storia

Costruita presumibilmente nella seconda metà del XII secolo per accorpare i vari squeri (“fabbriche” di barche) della città in un unico grande cantiere, l’Arsenale di Venezia sorge nel sestiere di Castello e per secoli ha rappresentato il fulcro del lavoro e della potenza della Serenissima.
Cibo, tessuti, spezie, e materie prime arrivavano a Venezia da tutto il mondo per mezzo di navi che in gran parte venivano realizzate proprio all’Arsenale.

L’entrata dell’arsenale dipinta da Canaletto nel 1732

In grado di costruire tutti i tipi di imbarcazione in tempi brevissimi rispetto ai popoli nemici, gli arsenalotti (gli operai che lavoravano nell’Arsenale di Venezia) erano una vera e propria classe sociale, dato che rappresentavano fino al 5% della popolazione della città.
Ogni giorno lavoravano a pieno regime tra i 1500 e i 2000 arsenalotti, con picchi che arrivavano a 5000 su un totale di circa 100mila abitanti (praticamente il doppio di oggi).

Dal XII secolo fino alla caduta della Serenissima l’Arsenale di Venezia è stato continuamente ampliato arrivando a contare al suo interno, nel 1566, 67 squeri coperti con una capacità di rimessaggio di 134 galee.

Le concezioni ingegneristiche e la catena di montaggio

L’Arsenale di Venezia, come detto, venne costruito nel sestiere di Castello, tra San Pietro di Castello e San Giovanni in Bragora.
L’ubicazione del cantiere venne decisa non solo per l’ampio bacino disponibile in quella zona della città, ma perché nei pressi si trovava il punto di arrivo delle zattere che dai boschi del Cadore e del Montello portavano il legname attraverso il fiume Piave.

Veduta dell’Arsenale Vecchio con le Gaggiandre (imponenti tettoie acquatiche adibite al ricovero delle galere a remi)

L’Arsenale di Venezia era una vera e propria città nella città: recintato da mura e con due porte d’accesso (una di terra e una di mare), ospitava residenze per i lavoratori, forni pubblici e magazzini per i cereali.
Era inoltre organizzato in modo tale che le galee venivano rimorchiate a dei punti di carico prestabiliti. Qui ricevevano tutti i materiali nautici, bellici e logistici necessari alla loro partenza.
Dalle torri della porta d’acqua venivano imbarcati alberi e cannoni, lungo il rio che porta al bacino San Marco ricevevano i remi e, alla fine del percorso, nei pressi della chiesa di San Biagio, venivano caricati i viveri, come farina e gallette salate.

La grande organizzazione veneziana ha portato l’Arsenale ad essere considerata l’antesignana della fabbrica come la conosciamo oggi.
In anticipo di alcuni secoli rispetto al modello della catena di montaggio fordista i veneziani già ai tempi della Serenissima sperimentarono la specializzazione delle mansioni all’interno dell’Arsenale facendo eseguire agli arsenalotti singole operazioni di assemblaggio utilizzando componenti standard.

L’Arsenale oggi: tra Biennale e Carnevale

Dopo secoli passati ad essere il centro della ricchezza della città, negli ultimi decenni all’Arsenale di Venezia è stata data una nuova veste.

L’Arsenale è la casa de “La Biennale Arte”

Storia, arte e divertimento sono le parole chiave per l’Arsenale del III Millennio.
I grandi padiglioni coperti che una volta ospitavano veri e proprio cantieri ora sono la casa de “La Biennale” e delle opere d’arte provenienti da tutto il mondo.
615mila visite ogni anno da tutto il mondo per un appuntamento ormai immancabile da oltre un secolo.

L’Arsenale di Venezia durante il Carnevale 2017

Ma da qualche anno le tese dell’Arsenale sono anche il centro del divertimento di un altro appuntamento imperdibile a Venezia: il Carnevale!
Eventi ogni sera a cui partecipano migliaia di ragazzi per ridare vita a un luogo che, come abbiamo detto, per secoli è stato abituato a ospitare migliaia di veneziani ogni giorno.

L’arzanà secondo Dante

La grandezza dell’Arsenale di Venezia è dimostrata anche dalla sua presenza nella letteratura italiana.
Il sommo poeta Dante Alighieri nella sua “Divina Commedia” la cita nel XXI canto dell’Inferno quando, guardando la V Bolgia dell’VIII Cerchio dove sono condannati i “barattieri”, vede solo pece che ribolle.
Dante compara quella visione all’Arsenale dove la pece viene utilizzata per riparare le navi e le strumentazioni di bordo.

Un dettaglio del dipinto di William Adolphe Bouguereau “Dante and Virgil in Hell” del 1850

Di seguito i versetti dal 7 al 18 in cui il poeta fiorentino cita il cantiere veneziano:
“Quale nell’arzanà de’ Viniziani
bolle l’inverno la tenace pece
a rimpalmare i legni lor non sani,
ché navicar non ponno – in quella vece
chi fa suo legno nuovo e chi ristoppa
le coste a quel che più vïaggi fece;
chi ribatte da proda e chi da poppa;
altri fa remi e altri volge sarte;
chi terzeruolo e artimon rintoppa -;
tal, non per foco ma per divin’ arte,
bollia là giuso una pegola spessa,
che ‘nviscava la ripa d’ogne parte.”

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