“Par la boca se scalda el forno” (proverbio veneziano)
Attraverso la bocca si scalda il forno (lo stomaco)
Per molti Venezia è la città di San Marco, del Ponte di Rialto e delle gondole…
…per molti altri è però la città delle osterie, delle ombre e dei cicchetti.
È per questo che molti dei proverbi, dei detti e delle usanze dialettali usate dai veneziani riguardano la bocca.
La bocca usata per mangiare le mille prelibatezze della tradizione culinaria locale, la bocca per parlare (e si sa che i veneziani parlano tanto), ma anche la bocca (in marmo) intesa come posto dove i veneziani, durante la serenissima, inserivano le segnalazioni di abusi e reati.
Ea boca magna e lica
Sono tantissimi i proverbi veneziani che fanno riferimento alla bocca. Il più noto è sicuramente quello che dice che “Par la boca se scalda el forno”, un proverbio tanto semplice e scontato quanto veritiero e fondamentale per la sopravvivenza.
I veneziani in passato davano importanza a quanto pare anche alle diete e alla difficoltà nel rispettarle nei periodi di festa. Si usava dire infatti che “A Carneval tute le boche lica”, per dire che a Carnevale tutti possono concedersi qualche golosità come frittelle, galani e castagnole.
Ea boca parla
Ma la bocca per i veneziani serve anche per parlare durante i numerosi incontri per le calli e le fondamente della città.
E quando si comincia a parlare di qualcuno che non va a genio bisogna tenerla a freno. E l’intercalare è “Boca mia tasi” perché altrimenti chissà che cattiverie potrebbero uscire.
Oppure se la tentazione è troppo grossa la frase tipica è “Mi no digo gnente ma gnanca no taso”, e fioccano ingiurie e sentenze.
Succede a volte anche di “Desmentegarse dal naso aea boca”, e dimenticarsi appunto in pochi secondi quello che si è detto in precedenza.
Ea boca (de leon) accusa
Ma come dicevamo la bocca anche accusa e, visto che nella Serenissima era meglio non farlo esplicitamente, esistevano diverse bocche di marmo (boche de leon) sparse per la città, simili a cassette della posta, che venivano utilizzate anche dai comuni cittadini per fare segnalazioni di abusi, reati e crimini.
Dal 1310, dopo la congiura di Baiamonte Tiepolo almeno in ogni Sestiere di Venezia si costruirono le cosiddette “Boche de Leon”, o “Boche de le denuntie”.
Generalmente poste vicino alla Magistratura, a Palazzo Ducale o alle chiese potevano essere aperte solo dai Capi del Sestiere su supervisione dei Magistrati.
Ogni cassetta era adibita ad un diverso tipo di segnalazione e di reato: dall’evasione delle tasse, ai crimini riguardanti la sanità per arrivare perfino alle bestemmie.
Le accuse anonime, secondo una legge del 1387, non venivano neppure prese in considerazione e bruciate, a meno che non si trattasse di affari di Stato. E anche quando erano firmate richiedevano la citazione di almeno tre testimoni (legge del 1542).
Il Consiglio dei Dieci indagava con grande scrupolosità per stabilire la verità. Questo perché erano molte le accuse che venivano mosse per invidia o ritorsioni personali e inserite nelle boche de leon.
Le boche de leon si possono tuttora vedere a Palazzo Ducale, sul muro della chiesa di Santa Maria della Visitazione alle Zattere, sulla chiesa di San Martino a Castello e su quella di San Moisè a San Marco.
Se la bocca invece la volete usare per mangiare, la tradizione offre ricette sopraffine, come quella dei Baicoli