Xè Pasqua, xè Pasqua che caro che gò, se magna ea fugassa, se beve i cocò. (proverbio veneziano)
È Pasqua, è Pasqua ne sono lieto, si mangia la focaccia e si bevono le uova.
La Pasqua è la festa cristiana per eccellenza e nel corso dei secoli, nel nostro paese, si è rafforzata integrando alla religione tradizioni, storie e folklore.
Venezia rappresenta forse un’eccezione in tal senso.
Storicamente infatti la città, soprattutto durante la lunga vita della Serenissima, ha avuto modo di confrontarsi, grazie al commercio, con culture e religioni di tutto il mondo, rivedendo il proprio modo di intendere le tradizioni religiose.
Il corno del Doge
Nonostante ciò la Pasqua a Venezia ha rappresentato per secoli un appuntamento importante per la vita cittadina.
In occasione della Pasqua era tradizione che il doge si recasse in processione, con tutta la signoria al seguito, alla chiesa di San Zaccaria, dove veniva accolto dalla badessa del monastero attiguo e dalle monache.
A San Zaccaria assisteva alla messa del Patriarca e poi partecipava al banchetto preparato dalle monache nel convento.
Qui, a partire dalla metà del IX secolo, veniva omaggiato con un corno dogale, realizzato dalle consorelle. Il corno divenne per il doge l’equivalente della corona per un re.
Il primo a ricevere tale riconoscimento pare fu Pietro Tradonico (836-864) per mano della badessa Agostina Morosini.
Ea fugassa
Non solo il doge godeva delle bontà gastronomiche pasquali.
La Pasqua a Venezia era addolcita anche dalla tradizionale focaccia dolce (detta fugassa) che per preparazione ricorda molto l’attuale colomba.
Tradizionalmente preparata in occasione dei matrimoni, la focaccia diventò il dolce tradizionale del periodo pasquale, particolarmente apprezzata perché consumata dopo i 40 giorni di digiuno della Quaresima.
Entrò a far parte del cultura culinaria a tal punto che ne derivò un proverbio conosciuto tuttora che dice: “No xè Pasqua sensa fugassa”
Per prepararla ecco la nostra ricetta.
Proverbi culinari pasquali
Anche la tradizione dell’uovo pasquale trova fondamento sulla storia veneziana.
Il famoso proverbio “Xè Pasqua, xè Pasqua che caro che gò, se magna ea fugassa, se beve i cocò” conferma che già nei secoli passati si era soliti consumare (in questo caso bere) le uova.
A Pasqua, trista xè la polastra che no la fa el vovo” (A Pasqua triste è la gallina che non fa l’uovo) a conferma dell’importanza di questo alimento.
L’uovo a Pasqua veniva usato, e si usa tuttora, per preparare le tagliatelle. Da qui il proverbio, che fa perno anche sulla cultura cristiana: “Aleluia, aleluia, le papardele se desgarbuia” (Alleluia, alleluia, le pappardelle si districano).
Immagine di copertina: Chiesa di San Zaccaria, 1770-1775, Francesco Guardi